Gabriele Brucceri. Frammenti del ricordo

“E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto … “. Queste parole, con cui John Berger intitolava uno dei suoi libri più intensi e toccanti, affiorano immediatamente alla mente accostandosi agli acquerelli in mostra di Gabriele Brucceri, in questa personale che lo vede ospite d’onore nella quarta edizione del “Premio Internazionale “Marche d’Acqua” Fabriano Watercolour 2016”. Quelle parole erano, infatti, l’incipit e il titolo di una “lettera d’amore” che l’autore dedicava al lettore, descrivendo le cose come se la vedesse per la prima volta, dando vita a un diario intimo capace di interrogarsi sull’esistenza dell’uomo e delle sue rappresentazioni e autorappresentazioni mediate dai “diversi modi di vedere”, narrare ed esperire la vita e la realtà. E a ben vedere questo sembra essere ciò che Brucceri fa, dando vita a un percorso artistico che qui prende la forma di 22 installazioni figurative, che usano il linguaggio privilegiato e fondante dell’acquerello per mettere in forma immagini semplici che siano capaci di restituire la complessità emotiva del reale. La figurazione messa in atto dall’artista sembra infatti essere interessata a restituire, usando parole care a una certa filosofia dell’esistenza di matrice heideggeriana, quella “tonalità affettiva” (Stimmung), quella “collocazione emotiva”, che caratterizza la presenza umana nel mondo e il suo essere sempre in relazione a uno spazio-tempo determinato, denso di eredità simboliche e materiali che determinano la concretezza esistenziale del singolo e ogni sua relazione con la realtà e il futuro. Insomma, le parole di Berger si fanno strada nella nostra mente prepotentemente, ma al contempo in modo gentile in questo percorso espositivo, ospitato dal Museo della carta e della filigrana di Fabriano”, che presenta la figurazione come un dispositivo capace di generare distanziamento nel tempo e nello spazio della realtà e delle soggettività che ad essa si relazionano. La poetica e il gesto dell’artista sono costituiti e impregnati di fluidità, liquidità e leggerezza stilistica, materica e tecnica, dando vita a immagini in cui il colore si pone come un filtro tra noi e il mondo, permettendo quasi di toccare le emozioni e gli stati d’animo che ammantano la cose in relazione alla vita e al suo divenire. I suoi lavori si presentano pertanto come delle “figurazioni installative”, in cui “l’acquosità” del colore restituisce la complessità delle emozioni e il gioco delle rappresentazioni messe in atto dai nostri sensi nella costruzione di senso e significato con cui diamo forma al “nostro mondo”, e nello stesso tempo si fanno agire maturo di un artista che usa la pittura per riflettere sulla pittura stessa. La rappresentazione figurativa diventa in questo modo il grimaldello con cui entrare in relazione alle cose e, al contempo, la miccia che fa esplodere un processo di scomposizione e ricomposizione delle forme in immagini, che vedono sfumare il confine tra realismo e astrazione. Il colore e la sua materica liquidità si fanno elemento di una dinamica ricomposizione delle forme, che sfumano in un processo di resa materica del distanziamento emotivo, percettivo e temporale dagli oggetti/soggetti rappresentati. Tutto ciò è abbastanza evidente in lavori come Fredda, Fugace o Abbissale, oppure in lavori dal più ampio senso etico come Il perdono o l’eterno rifugio, mentre la dichiarazione di un dialogo con la tradizione e di una riflessione sulla natura stessa della pittura diventa evidente in Dopo la decapitazione, in cui il filtro del colore si relaziona direttamente con Caravaggio. In definitiva il colore e la pittura indagano e costituiscono una specie di “epidermide” della realtà e della rappresentazione, che viene restituita in tutta la sua effimericità. L’effimero, campo di gioco del tempo e del gesto artistico e dei “modi di vedere”, narrare, esperire, sembra essere il terreno privilegiato della pittura di Brucceri, che proprio nell’installazione figurativa dal titolo Autoritratto (2,56×1,80), si pone in relazione al tema dell’identità e dell’autorappresentazione. La realtà che ci viene presentata dall’artista è sempre una ricomposizione di frammenti legati alla percezione e all’evanescenza di quegli stati d’animo che si ripropongono a noi sempre nell’effimericità del ricordo, senza i quali non potremmo cercare di dare continuamente forma alla nostra esistenza e al mondo.
Roberto Mastroianni


Cfr. J. Berger, E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto, Bruno Mondadori, Milano 2008